Tradizione, Terroir, Territorio

Abbiamo scelto di raccontarvi le “tre T” che ci accompagnano in questo nuovo viaggio in Francia attraverso tre storie emblematiche legate alla tradizione dell'arte, il terroir del vino, il territorio in cucina. Tre storie al femminile. Perché le donne sono le radici, la vita, la volontà. E l'immagine stessa della Francia è rappresentata da una donna, Marianne, la Marianna.

Cécile Debray, la signora dell'arte

Ha diretto diversi importanti musei, da ultimo, dal 2017 al 2021, il Musée de l'Orangerie, dove ha raddoppiato gli ingressi con oltre un milione di visitatori. Oggi è la Presidente del Museo Picasso di Parigi, la più grande collezione pubblica del mondo dell'artista ed è incaricata di coordinare le celebrazioni per i cinquanta anni dalla morte. Ce ne ha parlato in
questa intervista esclusiva. “Celebrare l'eredità di Picasso significa chiedersi cosa rappresenti oggi e mostrare la sua parte vitale, accessibile e attuale. La Celebrazione Picasso 1973-
2023 è iniziata dal Museo Nazione Picasso di Parigi, che ha concesso 1.500 prestiti e coordina l'evento, e da Bernard Picasso, nipote dell'artista e presidente della FABA e del Museo Picasso di Malaga. Una cinquantina di mostre ed eventi in Europa e Nord America consentiranno di fare il punto sulla comprensione dell'opera di Picasso. I governi francese e spagnolo hanno voluto creare insieme questo grande evento transnazionale, che si concluderà con un simposio internazionale nell'autunno del 2023, in occasione dell'apertura del Centro Studi Picasso di Parigi. È un “Picasso oggi” che incarna le Celebrazioni e getta le basi per il Museo Picasso di domani”.

I suoi progetti per il Museo?

Da alcuni mesi il Museo Picasso si sta riorientando verso una nuova programmazione e una nuova ambientazione, incentrate sulla ricezione moderna e contemporanea di Picasso rivolte a un
pubblico più ampio e più giovane. Un grande allestimento della collezione a partire dal 2024, sui tre livelli superiori dell'edificio, articolata su focus temporanei e rotazioni di opere grafiche e che sarà permanente. Inoltre, un programma di mostre temporanee e di arti performative nel piano terra e parte del seminterrato. Per il pubblico un'offerta di mediazione su misura e molteplici partnership. Sono in corso una serie di campagne di lavori (all'Hôtel de Rohan nell'autunno 2023; shop, libreria, caffetteria e biglietteria già realizzate; riflessione sugli spazi dell'Hôtel Salé).
La diffusione delle collezioni a livello internazionale prosegue nel 2023, in sintonia con il pensiero attuale. Il ruolo del museo è mantenerlo vivo, accessibile e mirato al maggior numero di persone possibile, dagli appassionati a chi lo visita per la prima volta.

Lei ha organizzato mostre anche in Italia, ci sono spazi di collaborazione?

Il pubblico italiano ha un profondo gusto per la storia dell'arte e il Museo Picasso ha avviato numerose collaborazioni con musei italiani. Vogliamo rafforzare questi legami anche attraverso progetti più attuali e nuove linee di ricerca intorno a Picasso.

Cosa significa essere una “signora dell'arte”, quali sfide la aspettano e quali obiettivi si pone?

Come direttrice del Museo Picasso e storica dell'arte, penso di dover realizzare un progetto culturale e istituzionale in sintonia con il presente, che permetta di trasmettere l'eredità dell'opera di Picasso alle generazioni future. Come donna, assegno un posto importante alle donne artiste nel museo, che deve essere reinventato per garantirne apertura e attrattività.

Il suo sogno per il futuro?

Ho molti sogni per il museo - un ampliamento, un giardino ridisegnato aperto alla città e che ospiti sculture, una sala da tè, etc. Per la programmazione, mostre fantasiose e brillanti, performance, arte contemporanea... Penso che in Francia dovremmo, come in Italia, insegnare storia dell'arte fin dalla scuola secondaria. Viviamo in una società di immagini. È importante che bambini e adolescenti acquisiscano molto presto una cultura visiva storica ed estetica.

Hélène Darroze, icona della cucina del territorio

6 stelle Michelin, migliore donna chef del mondo nel 2015, e dal 2015 giudice di Top Chef. Per Hélène Darroze la cucina autentica è la tradizione del territorio
dove è nata e cresciuta, il Sud-Ovest della Francia. “Il Sud-Ovest? Le mie radici, il mio nome, la mia famiglia, la mia terra. Sono fatta di tradizioni, rispetto con grande umiltà ciò che la terra dei miei avi mi ha lasciato in eredità. È in questa regione che mi è stata instillata l'arte di mangiare bene, ma anche di ricevere bene, di condividere, l'arte di vivere bene con semplicità”. La sua parola d'ordine è rispetto per i prodotti del territorio che ricerca con attenzione alla qualità, l'origine, la stagionalità. Nata nelle Landes, a Mont-de-Marsan, quarta generazione di una famiglia di cuochi, dopo la laurea all'École
Supérieure de Commerce de Bordeaux è con Alain Ducasse al Louis XV di Monaco: ed è Ducasse a convincerla a mettersi ai fornelli. Il suo primo ristorante lo apre nel 1999 a Parigi, nel cuore di Saint-Germain-des-Prés. Dopo di che è un crescendo di successi. Nel 2008 al leggendario Connaught Hotel di Londra, con "Hélène Darroze at the Connaught", 3a stella Michelin 2021. Nel 2018 apre a Parigi, 2° arr., “Jòia par Hélène Darroze”, ristorante improntato a condivisione
e convivialità. Nel 2019 trasforma il suo primo ristorante in “Marsan par
Hélène Darroze”, spazio completamente ridisegnato per un ritorno alle radici, la 2a stella Michelin arriva nel 2021. Dal luglio 2021 dirige la cucina di Villa La Coste in Provenza: il ristorante “Hélène Darroze à Villa La Coste” è stellato dal 2022. E ora ha appena aperto a Parigi Jòia Bun. Il modello? I diner americani. Il
piatto forte l'hamburger: anche qui grande attenzione per le materie prime, solo stagionali, di qualità e locali (il 95% dei prodotti proviene dalla Francia). Un'attenzione al territorio che l'ha resa un'icona: è modellato su di lei il personaggio di Colette nel film Ratatouille e la Mattel ha creato una Barbie chef ispirata a lei.

Les Fa'Bulleuses, 7 gran donne dello champagne per 7 terroirs

Hanno scelto un nome che è un gioco di parole tra favolose e “fare bulles”, le bollicine dello champagne, la loro scelta di vita. Les Fa'Bulleuses sono 7 vigneronnes che si sono unite per produrre insieme uno champagne comune e lo hanno chiamato Isos, che in greco significa uguale. Perché sono tutte uguali e ognuna ha contribuito con un'uguale quantità di vino allo champagne collettivo.
Laureen Baillette, Hélène Beaugrand, Claire Blin, Charlotte De Sousa, Mathilde Devarenne, Sophie Moussie, Delphine Brulez, questi i loro nomi, arrivano tutte da maison di produttori di champagne e lavorano in 7 diversi terroir. Il numero sette - numero per definizione delle fiabe, “dispensatore di vita” per Ippocrate e simbolo religioso della perfezione - è la loro cifra simbolica: 7 maison, 7 vini, 7 donne del vino e nell'etichetta di Isos, 7 linee a rappresentare i 7 terroir che convergono in un unico punto a formare un equilibrio perfetto. Risultato: uno champagne ricco, fruttato, fresco, con note agrumate e minerali e una vibrante vivacità finale, un tocco di femminilità in più. D'altra parte lo
champagne ha sempre dato fiducia alle donne, basta pensare a quelle vedove di vignerons che sono diventate leggendarie imprenditrici: la Veuve Clicquot a inizio '800, la Veuve Pommery dal 1848, Lily Bollinger dagli anni '40 del ‘900.
Delphine Brulez - anche lei erede di una “donna dello champagne”, la bisnonna Louise - ha riassunto così la filosofia delle Fa'Bulleuses: “Tradizione, passione ed esperienza sono tutto per il nostro lavoro. Viviamo pienamente la nostra passione e il nostro desiderio è trasmettere questa passione alla prossima generazione. Conciliando l'impegno del lavoro con la famiglia, trovando il nostro spazio in un mondo ancora dominato dagli uomini. E affrontando temi come il
cambiamento climatico, la sostenibilità. L'equilibrio è l'obiettivo. Nello
champagne come nella vita.