Flavigny: storia di un’abbazia, di bonbon e di cioccolato

Flavigny-sur-Ozerain, poco più di 300 abitanti nel cuore dell’Auxois, in Borgogna, è uno dei “Più bei villaggi di Francia”: una manciata di case antiche dai tetti di tegole rosse attorno alla parrocchiale di St. Genest e nell’aria un insolito profumo di anice…La nostra storia comincia così.

L’abbazia dei bonbon e altre storie golose

Il luogo è così magico da essere essere stato scelto come location per un film diventato un cult e che proprio quest’anno compie vent’anni: Chocolat, con Juliette Binoche e Johnny Depp, tratto dall’omonimo romanzo di Joanne Harris.
Ma l’autentica vocazione gourmande di Flavigny è un’altra: sono i famosi bonbon all’anice, prodotti nell’antica abbazia... Una storia unica.
Che comincia nel 52 a.C. quando da queste parti arriva Giulio Cesare alla conquista della Gallia e fissa il suo quartier generale e gli accampamenti proprio sulla collina di Flavigny. Pare sia stato lui a portare qui grani d’anice per aiutare la digestione, sua e dei soldati, pensate un po’. Poi dopo la vittoria su Vercingetorige dona la collina al suo veterano Flavinius, et voilà il primo nucleo di Flavigny.

Anice & Abbazia uniti per sempre

Poi arriva la rivoluzione, i monaci vengono cacciati, una parte della chiesa abbaziale distrutta. Ma otto abitanti di Flavigny continuano a produrre anice all’interno dell’abbazia. Bisogna arrivare a fine ‘800 perché un imprenditore del posto, Monsieur Galimard, acquisti l’intera abbazia e tutte le piccole aziende all’interno, per creare una sola “fabbrica dell’anice de Flavigny”. Nel 1923 gli subentra Jean Troubat e nasce il business: i bonbon all’anice arrivano a Parigi, nei distributori automatici delle stazioni e del metro, nei grandi magazzini, nei cinema, e vengono esportati anche all’estero.

L’abbazia oggi, tra sacro & profano

La visita è una perfetta sintesi di storia, arte e gusto. Comprende infatti la splendida Cripta Carolingia, per 1000 anni luogo di preghiera. Un viaggio nel tempo, fino a quel lontano 719 quando tutto ebbe inizio sotto il regno di Carlo Martello. Una perfetta e suggestiva sintesi di epoche gallo-romane, romaniche e gotiche.
Poi dal sacro si passa al profano negli altri edifici dell’abbazia, dove è allestito il Musée des Anis, quindi il Laboratorio degli Aromi e l'Atelier di fabbricazione (e poi naturalmente libreria, caffetteria, boutique). Un tutt’unico tra sacro e profano, storia e gourmandise.

Scatoline da collezionare

L’immagine classica delle scatoline non è mai cambiata: un pastore e la sua pastorella, seduti vicini, e lui offre a lei dei bonbon d’anice. Sembrano tutte uguali, ma per qualche minimo dettaglio sono diverse: la coppia è più o meno vicina, la pecorella è a destra o a sinistra, gli atteggiamenti di lei sono riservati o più confidenziali. Tutte le immagini arrivano dagli archivi dell’abbazia, e sono state disegnate dai produttori che si sono succeduti nel corso del tempo. Ma le prime confezioni erano dei lunghi e sottili astucci di cartone.
Fu Jean Troubat, negli anni '50, introducendo la vendita nei distributori automatici, ad aver bisogno di una scatolina più robusta di metallo, prima rotonda, poi ovale, e a moltiplicare i gusti. Nel 2013 sono stati riproposti anche gli astucci di cartone, per i bonbon classici, grossi come un pisello e per i petits anis, piccoli come un chicco di riso, quelli che i ragazzini venivano a comprare direttamente in fabbrica. Tutti da collezionare.