A dirlo è Paolo Sari, chef stellato del ristorante Elsa del Montecarlo Beach, 5 stelle–eco del Principato di Monaco. Il primo (e per ora unico) stellato michelin certificato bio.
Veneziano di nascita, una prestigiosa carriera internazionale, Sari è un sostenitore assoluto del biologico. Cosa vuol dire oggi essere uno stellato bio? È una gioia per l’importante traguardo raggiunto e allo stesso tempo un’enorme responsabilità, per una scelta difficile e coraggiosa. Ma credo fosse necessario proporre seriamente un ritorno al futuro, alla semplicità, alla sincerità, in cucina e prima ancora nella ricerca dei prodotti. Oggi scegliere il biologico vuol dire essere in sintonia con la natura.
Come riassumerebbe la sua filosofia? La mia filosofia è il Bello e il Buono. La mia forza è la sensibilità. In cucina è come in amore, i grandi amatori non usano la testa ma l’anima e il cuore, associati ai sensi. Osare nella giusta misura, rispettare gli ingredienti e fondersi in loro, percepirne gusto, sapore, consistenza anche solo sfiorandoli…
Lei ha partecipato all’evento Good France del 19 marzo scorso: che cosa pensa di questo progetto di promozione della cucina francese? È un atto di doveroso omaggio da parte nostra, siamo in Francia. Tuttavia, la mia cucina non appartiene all’Italia come non appartiene alla Francia, è una cucina della Riviera, il mio concetto di Riviera spazia da Marsiglia a Forte dei Marmi. Non esiste una cucina Monegasca, come non esiste quella Nizzarda o d’Imperia.Sono tutte figlie di una sola e unica madre, la Cucina Mediterranea. Il pesce che nuota nell’alto Mediterraneo non conosce confini, si adatta dove trova l’habitat migliore e così i frutti e le verdure. La zucchina di Nizza o di Albenga, il limone di Mentone, identico a quello di Camporosso... La cucina è quella che ogni gran viaggiatore ha portato con sé nel corso dei secoli.
Si è autodefinito un “fanatico dell’ingrediente”: ci racconta come e dove cerca i prodotti con cui realizza i suoi piatti? Innanzitutto ho eliminato tutti gli intermediari e mi approvvigiono alla fonte entro un raggio accettabile. Questo comporta, oltre che un risparmio, un basso impatto ambientale per il trasporto e, cosa a cui tengo molto, un reinvestimento nell’economia locale e la valorizzazione dei prodotti autoctoni. Per il pesce, tratto solo quello pescato da ventiquattro pescherecci della zona di Arma di Taggia e adatto i miei menù secondo il pescato. In Costa Azzura, andando un po’ a Ovest, verso la Provenza e un po’ a Est verso la Liguria e il Piemonte si arriva ad avere tutto quello che è necessario.
E come “lavora” i prodotti? Il suo rapporto con le verdure è quasi “mistico”. Sono un meticoloso fanatico dell’ingrediente, autoctono, sano, biologico, di stagione, appena raccolto. Ho due squadre di collaboratori, una lavora nei campi e una in cucina. Io garantisco tutti i prodotti che arrivano alla mia tavola e non faccio altro che esaltare il gusto di uno a fianco dell’altro, cercando di toccarli, tagliarli, cucinarli il meno possibile per non alterare la loro personalità, le loro caratteristiche e il loro gusto. I mini legumi, le piccole radici, sono fragili, delicati ma sublimi. Omicidio piantarci una lama di un coltello. Mai visto la perfezione geometrica di un cavolo romanesco, il suo verde? Il gusto di un pisello crudo colto a giusta maturazione? La fragola? La natura è capace di fare dei capolavori visivi, olfattivi e gustativi.
La sua ricetta bio preferita? Non esiste la ricetta bio o non bio, esiste il buon cibo e il cattivo cibo. Qual è la sua ricetta preferita arricchita con pesticidi, fertilizzanti chimici e ibridi prodotti in laboratorio? Mai visto un campo di mele a produzione intensiva? E mai visto un campo di mele in produzione biodinamica? Vi si apre un mondo davanti se fate questa esperienza. “Preferita” è solo la nostra salute e quello che ingeriamo. Io confeziono bellezza, salute e felicità.
Uno chef italiano e uno chef francese che lei ammira particolarmente, che in qualche modo è stato importante per il suo percorso? Sono un autodidatta e sono diventato ricco interiormente perché il mondo mi ha nutrito, tutti i Paesi del mondo che mi hanno accolto sono stati importanti per il mio percorso professionale e umano. Rispetto Gualtiero Marchesi per il grande intuito e la grande intelligenza che ha avuto nel proporsi come traghettatore tra culture culinarie divergenti, quella italiana del dopoguerra e quella francese degli anni Ottanta.In Francia nutro molta simpatia per Michel Bras, un grande precursore della buona cucina che già da vent’anni si è messo a disposizione di Madre Natura.
Cosa c’è nel futuro dello chef Paolo Sari? E come sarà la cucina del terzo Millennio? Innovare conoscendo e rispettando la tradizione. Ci si deve alimentare nel modo più sano possibile. Io propongo l’eccellenza e la trasparenza. Bisogna essere bio per fare del bio, fondersi con la natura e rinunciare a qualsiasi compromesso. Noi siamo così, siamo veramente bio.
Per France.fr